mercoledì 6 aprile 2011

PECCATI DI GOLA

Cosa c'è di meglio di una guantiera di pasticcini? E' facile: DUE guantiere di pasticcini!

I pasticcini: non dovete sottovalutarne la valenza sociologica. Essi sono la cartina al tornasole della diversità di comportamento dell'Uomo nei confronti del suo simile.

Sia chiaro, le pastarelle sono pastarelle. Tali leccornie non sono oggetto di critica. Non hanno mica colpe, sono lì ad aspettare che qualcuno se le pappi. Quello che risalta agli occhi è l'approccio che l'Essere Umano ha nei confronti di tali benididdio.

Mettiamola sul pratico. Senza preavviso ti si presenta al pranzo domenicale la zia Filomena, con al seguito lo zio Aldo e l'orda di lemmings travestiti da bambini che lei spaccia per figli. Sfondata la porta corazzata, i cuginetti sgusciano dentro incominciando a demolire i muri, rosicchiandoli per la fame atavica che li contraddistingue. Zia Filomena fa il suo figurone, vestita male come Moira Orfei, illuminata dietro dal plafone del pianerottolo ed incorniciata dal montante dell'ingresso a mo' di enorme santino pagano. Zio Aldo a malapena si regge in piedi, non ti accorgerai della sua presenza per tutta la domenica. Del quadretto borghesuccio ed un po' squallido presentatoti all'uscio riesci solo a focalizzare le dita della mano destra della parente: questo pollice e questo indice reggono un nastrino dorato, il quale oppone ferma resistenza all'attrazione gravitazionale, che altrimenti trascinerebbe al centro della Terra un pacchetto giallastro.

Dimensioni stimate: 30x20x8 cm; peso: intorno agli 800 gr., pari a 25,72 oz.

Indubbiamente è lui. È il pacco delle paste domenicali.

F.lli Vesuvio, peccati di gola dal 1956” dice la carta un po' raggrinzita, ma di quel raggrinzito bello, non quello dei volti dei vecchi, per capirci.

Tu educatamente saluti, ringrazi e fai accomodare il parentame, mentre nella tua testolina le endorfine fanno la ola, scatenate dalla vista del presente. Salivazione a livelli di esondazione dell'Arno del '66.

Con la cura e l'attenzione che solo gli artificieri del III° battaglione Genieri possono capire, raccogli l'oggetto del desiderio e lo riponi nel frigo, mentre con i piedi gli ricavi dello spazio spostando il barattolo di maionese scaduto, i sacchetti di prezzemolo ingiallito e il telecomando di SKY (ecco dov'era finito!)

Ore 13:00 del meridiano di Grumo Appula. Ecco la composizione del desco.

Capotavola opposto: madre (la più vicina alla cucina e quindi al frigo, ma anche una delle più lente nei 20 metri ostacoli; non è una effettiva minaccia)

Lato destro: zia Filomena – cugino I – cugino II – zio Aldo (chiare minacce le due piccole canaglie, da non sottovalutare la loro genitrice; prevedibili tafferugli a centrocampo, organizzare rappresaglie)

Lato destro: cugino III – TU – fratello – padre ( qui l'allerta deve essere massima, diciamo DEFCON 2, essendo a tua portata di braccio; non si fanno prigionieri)

Capotavola: nonno (il diabete è il tuo ottimo alleato, quasi sicuramente non costituisce pericolo, a meno che non abbia corrotto i nipotini; occorre indagare)

Ci si prepara allo scontro finale già dalle prime portate. Si attacca con gli antipasti. Per ben due ore e tre quarti si finge cordialità e si elargiscono sorrisi, tra una polenta fritta ed un capo di salsiccia a punta di coltello, il tutto innaffiato da un ottimo Greco di Tufo.

Due fanali grigio-perla ti fissano da una sponda del tavolaccio. E' nonno Puccio, ex colonnello della Guardia di Finanza, un fascistone incattivitosi con l'età. Cerca di sminuirti con lo sguardo, di penetrare nelle tue meningi per vedere se hai le palle. Tu con nonchalance ricambi brevemente l'insulto non verbale con un sorrisetto a metà, mentre porti la forchetta carica al labbro. Un attimo dopo però, mentre deglutisci, lo incenerisci con la tua brevettata occhiata alla Clint Eastwood, ad elevato potere di penetrazione come un laser da saldatura. Meno uno. Lo sconfitto mormora qualcosa sottovoce, probabilmente ha tirato giù qualche santo imprecando.

Sotto il tavolo i marmocchi credono di disturbarti slacciandoti le scarpe, ma c'è un moto interiore che non ti fa pensare a queste sciocchezze, un afflato della psiche che ti rende inquieto, sempre più inquieto e distratto, fino ad infiocinare per errore la mano del povero fratello, avendola scambiata per una succosa fetta di melone. Distratto a tal punto da non sentire le bestemmie in gaelico che il sangue del tuo sangue sta vomitando nelle orecchie dei commensali. Non è distrazione, è solo concentrazione localizzata su un solo punto nell'universo, un punto distante da te più o meno 5 metri. Dentro di te, anzi dentro di tutti si ha la consapevolezza che entro qualche minuto ogni relazione sociale verrà azzerata.

E' ormai arrivato il momento tanto atteso. Sei sopravvissuto al pranzo, e ti rendi conto che già sognavi i dolci alla seconda forchettata di cannelloni.

Qualcuno ti porta il caffè. Ormai non riconosci più i volti familiari. Quel “qualcuno” che ti ha servito potrebbe anche offendersi se non ringrazi. E allora gli (o le) sorridi.

Contemporaneamente arriva il pacchettino, fluttuando nell'aria. Ovviamente non sei più in grado di intendere e volere. E sei entrato in guerra: qualunque cosa tra te e i dolci è il Nemico. Ricorda: non si fanno prigionieri.

Non riesci nemmeno a stare seduto: clinicamente parlando sei nel pieno di una sindrome psicomotoria definita acatisia. Non sei stato così insofferente alla sedia dall'infausta settimana in cui ti comparvero le emorroidi.

Nella fase di apertura, in un silenzio che si può provare solo nello spazio siderale, i commensali notano un vassoio di cartone argentato che si nasconde sotto un'orgia di manufatti eduli.

E' in questo momento che la Natura fa sentire il suo peso: millenni di evoluzione, miliardi di mutazioni genetiche, tutte finalizzate ad ottenere il Più Adattabile... tutto, pur di agguantare le paste migliori.

No, non sto esagerando. Se nella notte dei tempi il nostro ancestrale Progenitore non avesse preso quelle decisioni (usare l'ossigeno per la respirazione, ottenere energia dal glucosio ecc.) noi non saremmo di certo qui. E tu non saresti di sicuro davanti al paradiso della carie.

Cosa ti hanno insegnato anni di Biologia e Scienze alle scuole superiori? Il più adattabile sopravvive. Non il più forte, ma il più figliodiputtana... non lo hai mai dimenticato.

Tu sei lì a tavola con una masnada di orchi col tuo stesso cognome, tutti a scandagliare barchette, crostatine e babà.

Che dici, ci sarà la panna lì dentro?”, “Ma questa è alla ricotta? No, perché se è alla ricotta io non la mangio”. Parole in ordine compiuto che riecheggiano nella sala da pranzo. Ma tu ormai hai sublimato il concetto di Ascolto. Tu percepisci direttamente il pensiero dei tuoi parenti dall'odore che emanano le loro ghiandole sudoripare.

L'evoluzione prima e l'esperienza poi ti hanno insegnato a fare la prima mossa. Mai perdere l'occasione di fottersi la prima pasta, qualunque essa sia. Chi magna pe' primo magna ddu vorte.

Con lo scatto di un cobra dagli occhiali ti fiondi sulla migliore pasterella al mondo: la cassata siciliana. Talmente dolce che al confronto Love story è un film d'azione.

Sei riuscito a prendere con decisione ma anche con delicatezza la cassatina e a portartela alla bocca nel tempo di un battito di ciglia, tanto che la zia e tuo fratello sanguinante non si sono accorti di nulla. Tenendo presente che un battito di ciglia dura 0.3 secondi, la velocità della tua azione ti porterebbe a finire l'intera guantiera in 10 secondi netti (se solo il bon-ton, l'educazione e lo stomaco te lo consentissero). Tale rapidità nell'agire ha spaventato un povero cugino. Ottimo segno, vuol dire che la tattica della prima mossa è stata efficace: è servita a stordire il nemico per indebolirlo psicologicamente. Quel povero bimbo non avrà più il coraggio di competere col tuo braccio, ergo dovrà spostarsi e impiegherà più tempo a prendere un pasticcino. Tempo prezioso.

Round 2: bignè al cioccolato.

Round 3: cannolo siciliano ricotta e canditi.

Breve time-out per sorseggiare il caffè amarissimo (lo zucchero nel caffè fa ingrassare).

Round 4: veneziana alla crema (da intenditori).

E così via.

L'azione è talmente rapida che necessita di breve descrizione. Grazie a Madre Natura hai due braccia funzionanti, quindi mentre con la sinistra ti pulisci il muso dai residui appiccicaticci di cassata, con la destra hai già agguantato il bignè per portarlo alla bocca, successivamente la sinistra si porterà sul campo di battaglia tastando il cannolo più turgido (quello meno umido darà più soddisfazioni sotto il palato) e poi ancora avanti e indietro, in un moto elastico ipnotizzante per gli sprovveduti.

La concorrenza è battuta sul nascere. I più piccoli arrancano sulle sedie, cercando di vedere cosa stanno prendendo. Ingenui. Se solo avessero il tuo stesso Dono... tu le paste le senti, non hai più bisogno della bolgia di stimoli recettoriali concernenti coni e bastoncelli, che gli inferiori chiamano Vista.

Sei come l'embrione nella scena finale di 2001 - Odissea nello spazio. Una nuova specie.

Quando arriva l'armistizio, ossia quando tutti (chi più, chi meno) sono sazi e gonfi come otri, si controlla il vassoio e la famigliola noterà con stupore che ci sono sempre, SEMPRE delle paste che rimangono, quelle che non mangia mai nessuno.

Tu con amore le richiudi e le riponi al fresco.

Tra un paio d'ore le analizzerai meglio di un agente CSI alle prese con un'impronta.

Beh, le paste che rimangono inviolate rimangono un mistero nella cultura gastronomica terrestre. Perché mai le si prendono? Tanto non piacciono nemmeno a chi le sceglie.

E invece...

...invece hanno anche il loro perché. Hanno una loro dignità, sono anche loro piccoli ingranaggi nell'enorme meccanismo d'orologio che è la Vita.

Te ne accorgi solo quando, scacciati i parenti a pedate, alle 18 apri il frigidaire e ti chini sul vassoio semicoperto dalla carta, avvicinandoti come se volessi ascoltare qualcosa.

Ci metti un po' a scegliere quale mangiare. Non hai fame, e non è nemmeno voglia di provare sapori nuovi. Hai solo un impellente, fottuto bisogno di dolce. Si sa, la pasticceria è luogo di perdizione, e le paste sono il Male. E danno dipendenza.

Scarti svogliatamente la cupola di cellulosa lavorata, sposti la crostatina ai frutti di bosco, scansi il cannolo allo zabaione (bleah!), non degni nemmeno di uno sguardo la mini-mimosa e punti dritto alla codadirospo.

La sollevi, stavolta hai tutto il tempo per ammirarla. Al primo morso vorresti pentirti di averlo fatto, ma arrivato alla fine capisci. Capisci che anche queste 4-5 superstiti hanno una loro personalità, sono state studiate, create con amore e sfornate allo stesso modo delle altre. Ora le puoi apprezzare!

Nel giro di 24 ore le paste sono tutte finite, masticate in orari improbabili.

Hai appena mangiato le paste che non mangi mai. Ed è lì che ti scatta qualcosa. È un senso di sporcizia interiore, come quando riemerge un brutto ricordo, ancora sfocato. Col passare dei minuti, delle ore e dei giorni ti diventa tutto più chiaro. Tu fai questa sceneggiata del finto snob alle 18 della domenica solo per avere la coscienza pulita e per poterle mangiare, acquietando il Demone del Saccarosio che chiede tributi. A te facevano, fanno e faranno CAGARE, ma la tua avidità e la tua dipendenza ti portano non solo ad essere un emerito stronzo coi familiari, ma anche a mentire a te stesso nella solitudine di una notte in cucina. Che schifo. Daresti un rene per dello zucchero colorato.

E mentre pensi questo è già giovedì... tra tre giorni è domenica...